Uno degli articoli più rari e difficili da reperire riguardo le polemiche giornalistiche sulla figure di Goldrake è quello pubblicato nel 1980 dal periodico Linea, edito dal Movimento Sociale Italiano e diretto dall'allora suo segretario Pino Rauti. Ne ho già dato ampiamente conto nel libro C'era una volta Goldrake e nel mio articolo "Goldrake nel dibattito politico italiano degli anni Ottanta. Silverio Corvisieri, il Movimento Sociale e la Democrazia Cristiana", appena pubblicato sul numero 11 di Manga Academica. Lo propongo qui nella sua versione originale.
Sul numero 28 del 15-31 maggio 1980 Goldrake ha addirittura l’onore di comparire in prima pagina.[1] A lui è dedicato un
articolo intitolato “In difesa di Goldrake” (firmato G A) scritto in risposta alla protesta
dei genitori di Imola e alla cosiddetta crociata contro i cartoni animati giapponesi.
In questo articolo l'autore esprime una condanna nei confronti
della televisione che ipnotizza i bambini con la massiccia programmazione di
cartoni animati delle reti private e critica la montatura consumistica che è
stata creata intorno ai robot e agli eroi spaziali che affollano le vetrine dei
negozi e popolano i sogni e le fantasie degli spettatori più giovani. Questo
però non esclude che tale fenomeno abbia anche degli aspetti positivi che vanno
oltre la moda e i risvolti di natura commerciale:
È notizia di questi giorni:
un’associazione di genitori ha preannunciato una dura lotta contro Goldrake, Mazinger, Jeeg Robot,
etc., insomma contro tutto quell’esercito di eroi elettronici a cartoni animati
che dal Giappone sono venuti ad invadere le nostre reti televisive. Motivo
dell’esecrazione? Questi eroi dello spazio sono diseducativi perché esaltano la
violenza.
Una notizia questa che forse potrà
sembrare poco importante. E che potrà essere sfuggita a chi si smarrisce tra le
pagine sempre più nere dei nostri giornali, ma che va senza dubbio commentata.
Chi scrive non è certamente un paladino
della tv, e non è senza dubbio in
questa sede che potrei affermare «il valore educativo» della televisione: siamo
tutti d’accordo nel condannare l’abbruttimento in cui troppo spesso cadono i
nostri bambini, catturati ed ipnotizzati dalle programmazione non-stop delle
reti televisive, private e no.
D’altro canto bisogna senza dubbio
riconoscere tutta la montatura consumistica che è stata creata attorno a questi
personaggi, e credo che molti genitori non possano non considerare un fastidio
questi innumerevoli mostri elettronici che sono venuti a popolare i sogni e le
fantasie dei loro bambini, scalzando inesorabilmente fate e cow-boys.
Ma non si può restare indifferenti di fronte agli
indiscutibili lati positivi di questo fenomeno, che è forse qualcosa di più di
una moda o di una semplice impresa commerciale.
Da quanto tempo non si parlava più ai
bambini di eroi, di guerrieri? Da quanto tempo non apparivano sui nostri
teleschermi le epiche immagini di una lotta tra il bene e il male?
Non credo importi molto il fatto che
questi moderni «cavalieri» abbiano astronave e raggio laser al posto del
cavallo e della lancia. I bambini hanno bisogno di nuove vesti da dare ai loro
sogni, ma il senso del discorso è in definitiva lo stesso: andare al di là del
semplicemente umano (e l’uso della scienza, della tecnologia, non potrebbe
forse simbolizzare la forza creativa del pensiero?), trascendere il banale
quotidiano dei piccoli piaceri. Sacrificare se stessi per un fine universale?
Probabilmente non era esattamente questo
il fine proposto dagli ideatori di questi personaggi, ma il risultato è
senz’altro ugualmente positivo.[2]
L’autore del pezzo, inoltre, evidenzia la scarsa
qualità artistica di questo genere di cartoni animati, spesso ripetitivi, ma
poi aggiunge che in fondo gli adulti dovrebbero smettere di storcere il naso
atteggiandosi a intellettuali di fronte a prodotti di questo tipo che non sono
perfetti ma che non sono neppure nati per diventare letteratura.
Per quanto riguarda la violenza, inoltre, ci troviamo
di fronte a un’accusa infondata e assurda. Per rendersene conto basterebbe paragonare
l’asetticità della battaglia a colpi di raggi laser al ben più truculento compiacimento
con cui ci si sofferma sulle scene di sangue nei film western o polizieschi. Senza contare l’orda di film dell’orrore che
ha invaso le televisioni private. L’autore conclude lanciando una frecciata ai
genitori di Imola:
Chissà, forse questi genitori anti-Goldrake hanno solo paura di una
generazione che potrebbe un domani avere voglia di opporre ai miti borghesi un
superomismo eroico, e riproporre come ideale la figura del guerriero in lotta
contro il male, dopo decenni di pacifismo alla Pannella.
Lasciamo sognare i bambini… chissà che non
possa venire qualcosa di buono dalle generazioni future![3]
Goldrake è dunque il prototipo dell’eroe, una figura
cara e ricorrente in tutta la narrativa ma contro cui una certa sinistra
intellettuale, sintetizza bene il giornalista e noto studioso del fantastico
Gianfranco de Turris sulle pagine de Il settimanale, ha sempre voluto polemizzare:
Il procedimento è molto semplice. Non si tratta di
negare il valore dell’eroe in quanto tale come mito assoluto che
va dalle leggende antiche ai comics e ai film moderni, ma di
interpretarlo alla rovescia, analizzandolo negativamente e quindi condannandolo
per i valori che rappresenta, esprime e difende. Goldrake ha una “ideologia
distruttiva”, Superman è un “qualunquista”; ma anche, per citare esempi che
fecero scalpore, Li’l Abner un “reazionario”, Dick Tracy addirittura un
“fascista”, Jeff Hawke un “mistico” e un “irrazionale” e così via...[4]
[1] G. A., “In difesa di Goldrake”, Linea, n. 28, 15-31 maggio 1980, p. 16.
[2] Ibid.
[3] Ibid.
[4] G. de Turris, “Banzai! Arriva il pericolo giallo”, Il settimanale, n.
52, 26 dicembre 1979, numero di pagina non reperito.
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